“Può essere venduto l’immobile anche se l’impianto elettrico non è a norma?”
Questa è una delle domande più frequenti dell’acquirente prossimo all’acquisto di casa.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul tema, partendo dal fatto che spesso si fa confusione tra la certificazione degli impianti e il certificato energetico.
Differenza tra certificazione degli impianti e certificato energetico.
A noi che seguiamo normativa e regole, può sembrare impossibile questo equivoco, ma le persone che vendono o acquistano casa per la prima volta possono confondersi.
Il certificato energetico, più precisamente definito Attestato di Prestazione Energetica o APE, è il documento che descrive le prestazioni energetiche di una unità immobiliare, prescrivendo eventuali raccomandazioni per il loro miglioramento.
Sono 10 le classi energetiche che compongono la scala dal valore migliore (A4) scendendo verso il peggiore (G).
Questo documento permette all’utente (sia proprietario che inquilino in caso di locazione) di conoscere il consumo di energia/anno, la quota di energia rinnovabile utilizzata e la qualità degli impianti.
Può essere rilasciato solo da un certificatore energetico abilitato ed iscritto regolarmente al proprio collegio professionale ed è obbligatorio per la compravendita dell’immobile.
Un impianto è a norma quando dotato della Dichiarazione di Conformità o DICO, rilasciata dalla ditta installatrice dopo il collaudo.
Questo documento attesta che il lavoro è stato eseguito a “regola d’arte” secondo gli standard previsti dalle norme vigenti in materia di sicurezza.
Una casa può essere venduta senza certificazione degli impianti?
Spesso negli immobili troviamo impianti elettrici incassati ed inseriti nell’apposita canalina, dotati della messa a terra e del differenziale, anche sezionati tra forza luci e prese, ma privi del certificato di conformità.
Perché? I casi potrebbero essere molteplici, il più frequente, per esempio, quando la messa a terra non è collegata a quella condominiale, perché l’edificio ne è privo; o semplicemente perché al proprietario non è mai stato consegnato il certificato.
Un immobile può essere venduto con impianti a norma o meno.
Prima del 25 giugno 2008 era obbligatorio allegare all’atto di vendita la dichiarazione di conformità o la dichiarazione di rispondenza degli impianti alle norme di sicurezza. Norma abrogata proprio in pari data.
Oggi vale il principio di “autonomia negoziale”, ovvero le parti contraenti tengono conto nella definizione del prezzo che l’impianto elettrico è funzionante, ma non a norma, in quanto privo del relativo certificato.
In questo caso il notaio indicherà in modo espresso nell’atto la pattuizione delle parti, in deroga alla norma che prevede che “la parte venditrice è tenuta a garantire alla parte acquirente la conformità degli impianti alla normativa vigente…“.
Come verificare se l’impianto è a norma?
Per le nuove costruzioni il problema si risolve a monte. L’attuale normativa stabilisce che, per avere il certificato di agibilità (in realtà si tratta di silenzio assenso da parte dell’amministrazione comunale coinvolta), deve essere consegnata nella documentazione anche la dichiarazione di conformità degli impianti.
Per gli altri immobili, nel caso il certificato fosse irreperibile o inesistente, si può richiedere la Dichiarazione di Rispondenza o DIRI. Può essere rilasciata da un tecnico abilitato da almeno 5 anni e sostituisce la DICO, attestando la conformità dell’impianto alle norme vigenti al tempo dell’esecuzione.
È palese che, nel caso in cui oggetto della compravendita sia un immobile privo di dichiarazione di conformità, anche il valore dell’offerta di acquisto sarà influenzato e prevedibile una maggiore trattativa sul prezzo richiesto.
In totale trasparenza e per evitare spiacevoli sorprese, nei nostri annunci specifichiamo sempre lo stato degli impianti. Lo ribadiamo al momento del sopralluogo e ancora durante la sottoscrizione della proposta d’acquisto, affinché tutte le parti giungano al momento del rogito notarile consapevoli e soddisfatte.
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