2019 l’anno che se ne va. Quale mercato immobiliare abbiamo vissuto?

Sotto l’albero di Natale un mercato in chiaroscuro

Anche il 2019 è giunto quasi al termine, mancano pochi giorni alla fine dell’anno e per il mercato immobiliare è ormai tempo di bilanci. Per le transazioni si chiude un altro anno con il segno positivo, ma, eccezione fatta per Milano, che sembra oramai competere in un campionato europeo svincolato dalle logiche del Bel Paese, i valori mostrano ancora lievi aggiustamenti verso il basso.

 

In poche parole si vende di più ma i prezzi scendono.

 

La regola vorrebbe che al crescere delle compravendite faccia seguito l’aumento dei prezzi, e non serve scomodare Keynes, Friedman o Taylor per averne conferma, basta leggere il XII capitolo de “I Promessi Sposi” che è decisamente più simpatico di un testo di economia.

Gli analisti prevedono che nel 2020 il mercato fletterà, in termini di compravendite, per riprendere la sua marcia nel 2021 e superare la soglia delle 600mila transazioni.

E’ il settore del credito il vero driver del mercato

Nel 2019 il settore dei mutui si è dimostrato il principale driver del mercato immobiliare, sebbene non il solo.

La debolezza reddituale, che manifesta con evidenza il portato della crisi, impone, nella maggior parte dei casi, il ricorso al credito, esponendo il settore alla volatilità del quadro economico di riferimento e alle decisioni di solvibilità formulate dalle banche. Le condizioni di eccezionale favore dei tassi di interesse alimentano la spinta all’indebitamento ma le sofferenze dovute ancora al periodo recessivo impongono agli istituti di credito di conservare un profilo inflessibile nella disamina delle richieste di mutuo.

 

Un mutato approccio delle banche in fase di erogazione, a seguito della quantità di sofferenze generate dalla crisi, i cosiddetti NPL che tuttavia oggi rappresentano solamente l’1,8% del totale dei crediti, ci aiuta a comprendere una dinamica creditizia in rallentamento nonostante un costo del denaro a livelli molto bassi.

Il settore bancario, che non è più disponibile ad accollarsi i rischi del recupero coattivo in caso di insolvenza, ha necessariamente rimpostato l’intero sistema del credito, anche se è notorio che, soprattutto negli ultimi tempi, si è evidenziato un progressivo, anche se limitato, allentamento dei criteri di scelta rispetto ai periodi di maggiore severità della crisi. E’ però altrettanto palese come la valutazione della compattezza reddituale prospettica rappresenti un elemento imperativo nell’assegnazione dei finanziamenti.

 

A favorire l’ulteriore estensione delle compravendite residenziali ha contributo l’incremento della componente da capitale diretto e, laddove arriva la rete parentale a rimpiazzare all’impossibilità di accesso al mutuo, si è unita la fiorente attenzione degli investitori.

Alla ritrovata attrazione per gli immobili ha contribuito anche l’aumento della redditività dovuto ad una propensione espansiva dei canoni di locazione sostenuta soprattutto dal boom degli affitti brevi.

E qui potremmo aprire un capitolo sulla turistificazione delle città e sul perché molti proprietari sono spinti verso questo tipo di locazione, ma la tratteremo in un prossimo post.

E’ l’ansia del futuro a farla da padrone

Il nostro Paese è caratterizzato da una sostanziale stagnazione e da una diffusa percezione di timore per il futuro. La liquidità giacente delle famiglie italiane, secondo uno studio di Bankitalia, è pari a 1500 miliardi.

 

In meno di vent’anni siamo passati dalla certezza dell’investimento di fine anni 90, dove risparmiare equivaleva ad acquistare BOT mentre investire significava comprare BTP, in maniera semplice e redditizia, al tenere i risparmi in liquidità, esponendoli, seppur in misura minima al rischio di erosione da inflazione. Consideriamo anche che nel 1998 il 57% dei titoli del debito pubblico era in mano alle famiglie italiane ed oggi tale percentuale è ridotta al 5%.

 

Le prime 10 SGR italiane hanno reso lo 0,3% mentre le prime 30 società di gestione europee hanno avuto un rendimento del 6,15%.

Ripensando a questi dati non resta che considerare il mattone come una vera fonte d’investimento dove, le percentuali di redditività, sono davvero competitive, ma la paura, questa variabile emozionale ingovernabile, alimenta la spirale della stagnazione e dei valori in continua discesa.

 

Prevale l’ansia del futuro in questi tempi fatti da una politica ansiogena, che, con il continuo rimescolamento delle carte globali, induce prudenza e l’attesa di tempi migliori.

Gli investimenti nel real estate cubano 10 miliardi

Eppure il mercato immobiliare cresce, in termini valutari, in tutti i paesi d’Europa ad eccezione dell’Italia.

 

Nel nostro paese gli investimenti nel real estate a fine anno saranno pari a circa 10 miliardi e la transazione di vendita di maggior valore realizzata per un singolo asset è stata effettuata da un soggetto privato: la famiglia Rovati che ha acquistato per 175 milioni di €uro il Palazzo dell’Informazione di Milano.

 

Un’operazione che certifica la sempre maggiore presenza di soggetti privati nel settore del real estate, a caccia di rendimenti interessanti in un momento in cui la liquidità in circolazione abbonda.

Fabrizio Segalerba è agente immobiliare nella sua Genova, titolare dell'omonima agenzia dal 1994. Dedica molto tempo alla FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali) all'interno della quale ricopre il ruolo di Segretario Nazionale. Fabrizio è un perfezionista, ama l'arte e la storia, è autore in questo blog perché crede che la condivisione di esperienze e di informazioni possa migliorare il rapporto tra cliente e agente immobiliare.